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L’ala infinita di Ludwig Prandtl. La storia dello sviluppo di un modello innovativo per la categoria “Autonomy”, nato da un’idea congiunta di Eugenio Pagliano e Paolo Dapporto.

Paolo al lancio

Ogni tanto mi viene da pen­sare che certe idee, ab­bandonate da decenni, magari sono state soltanto sfortu­nate e non hanno avuto il successo che in realtà avrebbero meritato. Fu così che alcuni anni fa comin­ciai ad interessarmi alle teorie di Ludwig Prandtl, pioniere dell’aero­dinamica negli anni ‘20. Fra le altre cose, il nome di Prandtl è legato alla teoria dell’ala infinita, cioè un’a­la che non ha estremità in quanto composta da un’unica superficie a due livelli, diciamo a circuito chiuso.

Poiché la resistenza indotta viene generata dalla differenza di pressio­ne presente alle estremità alari, non essendoci estremità si ottiene, alme­no in teoria, l’annullamento di que­sta resistenza con grandi vantaggi aerodinamici. L’interesse derivava dalla necessità di ridurre la resisten­za indotta per migliorare l’efficien­za su ali con apertura limitata come quelle della categoria Autonomy.

Dopo avere fatto ricerche sul web per trovare esempi di aerei con queste caratteristiche, ho preso un ritaglio di Depron da 3 mm ed ho confezionato un piccolo planatore (vedi foto a fianco) per capire dove sistemare il CG e l’inciden­za fra le ali. Dopo pochissi­mi aggiustamenti ho avuto la sorpresa di vedere che quello strano “coso” planava benissimo, allo stesso modo di un altro modelletto con configurazione classica. Il giocattolo è rimasto qual­che anno sopra un pensile nel mio laboratorio fino a quan­do, parlandone con il grande Paolo Dapporto, ho destato la sua curiosità ed interesse. Paolo è uno dei più infati­cabili costruttori di modelli al contrario di me, che sono uno dei più pigri. Non mi è sembrato vero di poter fare due disegnetti ed affibbiar­gli il compito di costruire un prototipo piccolino, ma dotato di radiocomando. La pianta alare ricorda mol­to la figura del rombo per cui il modelletto divenne “Rombo PE” e volò subito con pochi aggiustamenti.

Constatato che la strana cosa volava, siamo partiti con il disegno e la costru­zione dell’esemplare da 3 metri per l’Autonomy.

Ormai avevamo acquisito una certa esperienza per cui il collaudo è filato liscio e gli aggiustamenti sono stati ridotti al minimo. Le due ali avevano la stessa incidenza e la parte posteriore dell’ala superiore rialzata fungeva da elevatore.

Purtroppo però, a volte la sfortuna ci mette lo zampi­no: in occasione della gara di Vigarano Mainarda del novembre 2017, Paolo volle mostrare agli amici quan­to volasse bene il nuovo modello. Nel pomeriggio di sabato, con cielo plumbeo e assenza di vento, il Rombo ha volato benissimo, almeno allo stesso livello dei collau­dati modelli da Autonomy. Per cercare di capire le reali potenzialità avremmo dovu­to fare nei giorni successivi una lunga serie di prove comparative con i loggers.

Dopo i voli, abbiamo riposto il modello nell’hangar senza smontarlo per poterlo ri­provare l’indomani, dopo la gara. Alla do­menica il Rombo è partito regolarmente al primo involo, ma dopo pochi istanti Paolo si è accorto che l’elevatore non rispondeva più ai comandi con conseguente “frittata”. Ancora oggi non si è scoperto il motivo del guasto, ma sono certo che Paolo non si perderà d’animo e troverà la voglia ed il tempo di rifare il Rombo.

Eugenio Pagliano

Nelle foto sotto il Rombo PE, tutto in Depron con cinque microservi ed rx da 1 grammo, che ha volato molto bene.

Costruire modelli parti­colari è sempre una sfi­da per ogni aeromodellista.

Confrontarsi con Eugenio, discutere e poi partire con le nuove esperienze è sempre interessante e così è stato anche con la costru­zione del Rombo.

Prima di realizzare il modello in scala reale, cioè concepito per rispettare le regole della formula Auto­nomy, che limita a 3 metri l’apertura alare, per me è stato giocoforza realizza­re un esemplare in scala ridotta per verificare le in­cidenze, il CG, e la risposta specialmente ai comandi del profondità e del verticale.

E’ nato dunque il Rombo PE, di cui vedete il trittico costruttivo disegnato da Eu­genio, con apertura alare di 130 cm ed un peso in ordine di volo di 280 grammi.

La parte mobile del profondità è calettata in volo con un’incidenza di circa 10°. In alto: Il Rombo in tutte le sue componenti e, in basso, finalmente montato. I pezzi sono tanti e per montarlo ci vuole una ventina di minuti. In compenso il trasporto è abbastanza comodo grazie alle ridotte dimensioni dei singoli componenti.

l prototipo è stato realizzato in Depron, seguendo la tec­nica delle decine di model­lini micro che ho realizzato con il nome di “Catapultini” (da un’idea di Sergio Rizzo) con musetto in vetroresina da stampo e tubo di carbonio che unisce le due ali.

La sagomatura dell’ala, ri­cavata da Depron da 9 mm, è stata fatta con taglio a filo caldo e rifinitura a mano e successivo rivestimento con tessuto di vetro da 25 g/m2 prima steso su una pelli­cola di plastica trattata con distaccante e poi appoggiata sul Depron sotto pesi.

Le prove di volo di questo piccolo modello sono state convincenti e ci ha piace­volmente sorpreso la grande manovrabilità e l’ottima risposta ai comandi.

E’ stato poi disegnato il Rombetto di cui vedete il trittico, con apertura alare di 190 cm. La sua costru­zione, nel 2016, però non è stata mai portata a termine a causa dei miei troppi impegni per le gare di F5J e specialmente di Autonomy. Durante l’estate 2017 ho af­frontato la costruzione del Rombo con apertura alare di 3 metri che poi, per motivi di spazio nel mio piccolo laboratorio, è stata leggermente ridotta.

Il mio amico Eugenio Pagliano

Diciamo che la realizzazio­ne è stata particolarmente laboriosa specialmente nella fase di assemblaggio. Con più spazio e tavo­li grandi a disposizione l’operazione sarebbe stata sicuramente più semplice. La struttura delle due ali è con anima in polistirolo da 14 kg/m3, longheroni in tubi di carbonio decrescenti con diametro di 8 mm e 6 mm dalla metà in poi. Le due controsagome sono state rivestite in policarbo­nato trattato con distaccante. Il rivestimento, seguendo quello che facevo con gli Autonomy, ha visto uno strato di carta giapponese rossa (peso: 12 g/m2) resinata sull piano preventivamente cosparso di resina epoxi e successivo strato di tessuto di vetro da 48 g/m2. Il tutto poi è stato messo sotto pressa. La parte centrale dell’ala è stata poi unita con l’esatta angolatura in pianta e con il diedro per l’ala anteriore. Le due estremità sono spez­zate ed unite con un tondino di carbonio da 6 mm.

Il profondità, come si vede nel trittico, ha una forma particolare che è stata scelta anche per motivi aerodinamici (diminuzione della resistenza) e le due parti mobili hanno due servi indipendenti. In volo hanno un’incidenza di 10° ed è questa la caratteristica che fa volare così bene il Rombo che ha zero inci­denza fra le due ali.

Il lungo musetto è stato ri­cavato da un’anima in legno e successiva realizzazione dello stampo. E’ stampato con due strati di vetro da 48 g/m2 e carbonio unidirezio­nale da 45 g/m2 in tre strati. Il modello in ordine di volo pesa 2100 grammi.

Rombo in volo

Realizzarlo e vederlo volare è stata una bella esperienza, che forse vedrà un seguito con la realizzazione di un esemplare rivestito tutto in carbonio con la prospettiva di ridurre notevolmente il peso e continuare così le esperienze con il grande Eugenio Pagliano.

Io (Paolo Dapporto a sinistra) ed Eugenio Pagliano (a destra)

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